La magia si compie ovunque (ma non dappertutto)

Di recente sono andato a Berlino e, tra una passeggiata struggente lungo ciò che rimane del Muro e un museo della Bauhaus, ci ho infilato un paio di palestre di arrampicata.
Naturalmente l’ingordo che è in me avrebbe volute visitarne almeno cinque, ma ahimè il tempo è tiranno.

La prima palestra è stata il Boulderklub, a cui sono arrivato attratto dalle foto della sua “nave pirata”. Essendo in compagnia di mio figlio dodicenne e di altre due deliziose creature, una delle quali assai piccina e sfrenata, speravo che quel fantastico giocattolo li distraesse, permettendo anche a me di arrampicare un poco. (I bambini – ragazzi che erano con me non sono quelli del video…)
E così è stato.
Siamo usciti dal Boulderklub felici, divertiti, sentendoci un po’ come se avessimo scoperto una nuova falesia in un paese straniero. Con le sue usanze, il suo fascino esotico, le sue diversità e comunanze, le lingue differenti dal suono affascinante.
Un paio di giorni dopo siamo andati a visitare una seconda palestra, attratti più che dal quartiere dove era ubicata o dalla sua fama, semplicemente dal fatto che sembrava una palestra molto “funzionale”, ricca di possibilità.
Ero in compagnia di mio figlio e siamo stati accolti cordialmente; la palestra era all’altezza di quello che promettevano le foto, moderna, ricca di possibilità e tutto sommato piuttosto grande, almeno secondo gli standard degli arrampicatori del centro Italia.
Eppure non ci siamo divertiti quanto due giorni prima.
O meglio, la sensazione che questa seconda giornata ci ha lasciato addosso, non era di felicità, quasi beatitudine, come quella del giorno prima.
Eravamo solo stanchi? Ci siamo chiesti il perché, inizialmente senza venirne a capo.
In fondo avevamo trovato quello che cercavamo, eppure…

Poi abbiamo capito.

A Berlino, nella prima palestra, abbiamo provato sensazioni simili a quelle che sentiamo quando andiamo in una falesia e c’è il sole, dove la roccia è bella, così come lo sono il panorama e la natura che la circondano.

Nella seconda (esagero un po’ per far capire il concetto) era come quando la roccia è consumata, unta dal passaggio, come quando si sentono i rumori della strada, oppure il panorama è un po’ desolante: la soddisfazione non è la stessa, non si crea quella magia che rende l’arrampicata un’attività speciale.

L’attività indoor, con le sue contaminazioni funambolesche e i suoi “volumi” fantasiosi, assomiglia molto meno di una volta all’arrampicata in ambiente, tanto che alcuni arrampicatori hanno gridato allo scandalo e qualcun’altro si rifiuta persino di frequentare le palestre.

Ma proprio quelle prese folli, irreali e colorate, le forme sinuose delle pareti, l’arredamento e i suoi colori e, ultima ma non ultima, la tracciatura di qualità, hanno fatto si che l’esperienza al Boulderklub, palestra a mio giudizio di ottimo livello, sia stata efficace e divertente.

Nella seconda palestra non avevamo provato la gioia tattile, quella dell’occhio per le forme seducenti, perché le prese erano convenzionali e tutte simili, vanificando dal punto di vista della “sensazione” anche una tracciatura abbastanza interessante.

L’ambiente, inevitabilmente viziato dalla necessità di offrire possibilità a 360 gradi, non ci ha fatto sentire come fossimo a casa nostra, rilassati ma carichi di energia, pronti a utilizzarla per arrampicare in maniera esplosiva, come il boulder richiede.

Insomma, evidentemente il tatto e l’occhio vogliono la loro parte, persino indoor.